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IL CAPITANO NEMO ARRIVA NEL MARE BALTICO

Teatro Potlach “Ventimila leghe sotto i mari”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recentemente, il palco dell’Espoo Cultural Centre in Finlandia, una città vicino ad Helsinki, ha ospitato uno spettacolo del Teatro Potlach, “Ventimila leghe sotto i mari”, dal novellista francese Jules Verne. L’Espoo Cultural Centre è la scena principale per le arti performative e la vita culturale di Espoo: la Tapiola Sinfonetta (l’orchestra della città di Espoo), l’Espoon Kaupunginteatteri (il teatro di Espoo), il Festival Jazz di Aprile, l’Espoo Ciné Festival, il PianoEspoo e il ChoralEspoo Festivals hanno regolarmente sede su questo palco.

L’evento del Teatro Potlach ha ottenuto sempre il tutto esaurito dei 300 posti della Sala Luhisali.

Jules Verne, anche se inconsciamente, è diventato autore di uno dei primi romanzi fantascientifici, e non potevamo non aspettarci prestazioni migliori dal Teatro Potlach, che è la prima compagnia teatrale italiana che ha iniziato ad utilizzare alte tecnologie e strumenti audiovisivi.

Infatti, la loro ultima produzione nasce dall'idea di combinare l’esperienza di 30 anni della compagnia sul lavoro dell’attore, e la sua presenza  su un palco con l’ultima tecnologia digitale e di illuminazione.

Gli attori sono letteralmente 'immersi' in un set magico e onirico, impostato con proiezioni digitali e alimentato dall'ultima generazione di luci LED, e prendono con loro il pubblico nella scoperta delle profondità marine e del misterioso Nautilus del Capitano Nemo.

Il teatro è stato fondato nel 1976 da Pino Di Buduo, direttore artistico e regista, e dall’attrice Daniela Regnoli. Decisero di fondare il teatro lontano dalla città, a 60 km da Roma, nel villaggio medievale di Fara Sabina.

Potlach vuol dire “commercio”, “scambio”. Il termine viene dalle tribù del Nord America, e si riferisce alla lunga celebrazione invernale per commemorare la danza, il canto e in cui si gode di un banchetto con una grande quantità di invitati. Tutti gli invitati ricevevano un dono alla fine della celebrazione.  In cambio, un'altra tribù doveva pianificare la festa successiva.

Il Teatro è stato riconosciuto dal Ministero del Turismo Italiano per l’alta qualità della performance come uno dei 25 teatri italiani elencati nel registro speciale della ricerca e della sperimentazione.

Dal 22 novembre 2003 il Potlach è diventato membro della casa delle Scienze dell’Uomo di Parigi, mentre nel 2005 è divenuto laboratorio satellite del Centro Teatro Ateneo di Roma dell’Università La Sapienza, per ospitare dei corsi dell’università nella filiale di Fara Sabina.

Lo spettacolo qui ad Espoo ha riscosso un grandissimo successo sia tra gli adulti che tra i più giovani. L’unicità della scenografia ha catapultato gli spettatori come se anche loro si trovassero sul palco, grazie alla meravigliosa fusione tra attori e proiezioni, sviluppate dall’aesop studio, con  Luca Ruzza e Andrea Adriani.

Sebbene sia la scenografia ad ammaliare il pubblico, gli attori non abbandonano mai la loro pertinenza con il loro trucco e i costumi, e il loro modo di recitare, con i loro gesti e i movimenti, evidenziati in modo che sembrino danzare.

Il teatro è stato molto impegnato in questi anni anche con un altro progetto, chiamato "Città Invisibili", il cui intento è migliorare la città agli occhi degli stessi cittadini, attraverso un'analisi antropologica e sulla base di una ricerca storico e culturale. Con questo progetto, la città incrementa tutta la sua attività con spettacoli musicali, messe in scena ed eventi coreografici.

Sarebbe veramente interessante dare il benvenuto al Teatro Potlach, la prossima volta, con il loro progetto “Città Invisibili”, che potrebbe essere veramente apprezzato da finlandesi, poiché sono stati sempre fieri della loro storia e della loro città, basti pensare a quanto sia vicino il tema della città di Helsinki alla mostra “Pazzi per Helsinki”, e forse proprio il Quartiere Tori (Torikortteli, il cuore del centro storico), potrebbe essere l'area di accoglienza del progetto.

 

 

Articolo di Silvia Nitti

Traduzione dall'inglese di Irene Rossi

 

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