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OPINIONI DELLA STAMPA: GLI SPETTACOLI

I PRIMI 100 ANNI DI EDITH PIAF

 

Nathalie Mentha, cogliendo l’anima della grandissima cantante francese, ha saputo –come non mai – catturare gli amori, le esigenze, le trasformazioni. C’è tutto quello che occorre per soddisfare i palati fini: dai primi brani sulla vita della piccola malavita parigina così triste eppure così umana e palpitante, ai brani celebri…

Articolo di Bruno D’Aria, 29 aprile 2005, Nuovo Rieti Oggi

 

Nathalie Mentha offre una prestazione nervosa e plastica, quasi muscolare. Spavalda ed esuberante, spigolosa e cattiva all’occorrenza, vicina nella gestualità a certe pose delle eroine del cinema muto, la brava attrice francese mette in luce una considerevole presenza scenica.

Articolo di Italo Interesse, 12 febbraio 2006, Quotidiano di Bari

 

Nathalie Mentha, dell’itinerante gruppo teatrale Teatro Potlach, si impegna in un viaggio musicale attraverso la vita della Piaf, usando le canzoni più famose della cantante per tessere la corta vita della cantante, dalla movimentata carriera. Con ogni canzone Nathalie ci conduce nelle varie fasi della vita della Piaf.

(…) L’attrice, secondo l’approccio del Teatro Potlach, ha usato tecniche performative dalla parata al teatro musicale, con velocissime trasformazioni è riuscita a tenere sempre la presenza sul palco, per sottolineare i diversi momenti della vita della Piaf.

Traduzione dell’articolo di Bhawani Cheerath, 7 gennaio 2011, Friday Review

 

Una fragile donna bionda, ha padroneggiato la scena nella sua blusa nera e nella sua gonna di seta a pieghe, e ha incantato il pubblico con la sua voce fresca e vigorosa, con il suo inglese-francese e la sua postura di sfida.

Traduzione dell’articolo di Arunima Choudhury, 5 aprile 2012, Actu Pondy

 

Presentato a Tokio nel famoso tempio Nanzohin del quartiere Itabashi, lo spettacolo in lingua inglese ha riscosso un lunghissimo applauso e complimenti dal numeroso pubblico presente.

Il messaggero, 3 aprile 2013

 

Una delle emozioni del teatro sta nel guadare un performer che abita completamente un altro artista. Questo è esattamente ciò che accade ne I primi 100 anni di Edith Piaf, l’ipnotizzante show a solo di Nathalie Mentha. (…) Assistita dal regista Pino Di Buduo, la Mentha ha drammatizzato diverse canzoni attraverso impostazioni sorprendenti.

(…) Nathalie Mentha è riuscita a catturare i manierismi leggendari della Piaf: il canto radioso, i rapidi gesti, il travolgente senso di colpa e la bella storia d’amore. Ha poi arricchito il ruolo inserendo elementi di una ballerina di flamenco, di un’acrobata e di una femme fatal di un film muto, ogni cosa inserita all’interno del climax dello show.

Traduzione dell’articolo di Geoff Gehman, su I primi cento anni di Edith Piaf a Bethelhem, Pennsylvania (16-19 settembre 2015), dalla rivista ICON

 

I cento anni di Edit Piaf è un'operazione complessa e bella, commossa e commovente al di là della semplice cavalcata tra canzoni e ricordi, tra narrazione ed evocazione. 
L’attrice, che scivola dal recitato al canto con leggerezza danzante, racconta sì le tappe salienti di un percorso artistico e umano, ma non permette mai alla semplice narrazione di assumere il controllo dell’intera operazione. 
Piuttosto, con gesto artistico di grande coerenza, usa il proprio corpo e la propria voce per riempire il vuoto non tanto di ricordi, quanto del loro senso più intimo e segreto. 
Senza indugi nelle facili scorciatoie della semplice operazione nostalgia, coadiuvata da una regia (quella di Pino Di Buduo) precisa e limpida, rigida sì, ma come cristallo che ci vedi attraverso e ti sorprendi della sua conquistata semplicità, Nathalie Mentha non indossa mai la maschera della grande Edith. 
Piuttosto, e qui sta in fondo tutta l’utopia de I cento anni di Edith Piaf, indossa il suo mondo, la magia che l’ha circondata, la poesia di quegli anni lontani che lei ha magnificato scolpendoli nella voce roca capace di agilità inaudite. 
E ce la restituisce sul palco come un prisma che, attraversato da un filo di luce, riverbera il silenzio di mille colori, tutti giusti e tutti pieni.

Ne viene fuori uno spettacolo di rara intelligenza, capace di arrivare al cuore, ricco di nuances, sfrontato e romantico, spudorato e semplice come solo i francesi sanno essere. 
Uno spettacolo che chiede a gran voce il bis delle canzoni perché per la fine della magia è troppo presto e c’è bisogno che la voce ci accompagni di nuovo al nostro mondo, pieno di impegni, affrettato e frettoloso che, però, per un momento si è fermato e ha aspettato. 

Alessandro Izzi, 22 dicembre 2015

 

20.000 LEGHE SOTTO I MARI

 

Un progetto artistico sviluppato a partire dal famoso romanzo di Jules Verne, attraverso un lungo laboratorio che ha toccato i diversi aspetti del processo creativo coniugando tecniche narrative del teatro drammatico e tecniche di scenografia digitale per ricostruire l’effetto visionario delle pagine del romanzo.

Il Messaggero, 23 aprile 2010

 

Il Teatro Potlach, avvalendosi della collaborazione di importanti scenografi digitali e teorici di teatro, ha realizzato una sintesi originale del romanzo di Verne, tra prototipo della narrativa di fantascienza e tecniche contemporanee della narrazione teatrale. (…) Grazie all’incontro multimediale tra teatro, canto, danza, musica e video arte, e l’interattività tra le azioni degli attori e la scenografia digitale, lo spettatore si sentirà coinvolto in un mondo fantastico che lo condurrà nell’abisso degli oceani. Lo studio e l’applicazione dei nuovi linguaggi ha consentito anche di affrontare e attualizzare temi come il rapporto tra conoscenza e libertà e la sfida tra tecnica e natura che ispirarono la creazione di Verne.

Silvia Salvati, 24 aprile 2010, Corriere di Rieti

 

Il Potlach ha deciso di intraprendere una nuova sfida, quella di unire le tecnologie digitali alla diretta fisicità del teatro. L’arduo stava proprio nel non perdere quest’ultima, che da sempre costituisce il momento vibrante nella visione di uno spettacolo teatrale: il rapporto diretto con il pubblico. Possiamo affermare che hanno vinto questa sfida: le scenografie di Luca Ruzza, i contributi tecnici della nuova generazione con Aesop Studio, non solo non plastificano la rappresentazione, ma valorizzano gli attori, la loro presenza scenica, l’incidenza della loro voce e la poeticità dei gesti.

Francesco Diodati, 5 maggio 2010

 

“Ventimila leghe sotto i mari” è, nella sua essenza, un viaggio non semplicemente fra gli oggetti conoscibili, in particolare del mondo naturale sommerso, ma attraverso la natura, le implicazioni e i limiti della conoscenza stessa, intesa in termini di scienza moderna, dunque empirica. (…) I personaggi di fine Ottocento sono qui rivisitati in chiave surrealistica e fiabesca, con l’aggiunta di dettagli che conferiscono alle figure del tempo un gusto poetico e talvolta avveniristico, in grado di dilatare il senso del tempo, tra passato e futuro, dunque portando idealmente il tema della conoscenza su un piano universale e concomitante con l’intera storia dell’uomo.

Tatiana Rossi, gennaio 2011, Rello

 

Proprio nel momento in cui pensi che la tecnologia stia in semplici riprese, compaiono gli attori a tessere il fascino del teatro.

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Just when you think that technology is calling the shots, actors appear and weave the charm of theatre.

K. Santosh, The Hindu, febbraio 2012 

 

Uno dei punti positivi di questo teatro è di prestare attenzione alla questione del movimento e di usare correttamente ogni parte del palco. Le adeguate competenze fisiche e mimiche degli attori, e la bellissima armonia tra i movimenti a due o più persone mostrano quanto il lavoro sia stato ben progettato.

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On of the positive points of this theatre is to pay enough attention to the issue of movement and using every parts of the stage properly. The performes’ appropriate physical skills, mimics and the beautiful harmony between their two/multi person’s movements all show the perfect well-designed works of them.

Mostafa Mahmoudi, Theater Criticism, gennaio-febbraio 2012

 

Il Teatro Potlach e il suo timoniere, il regista Pino Di Buduo, qui nella sua rocca di Fara Sabina, ovvero nel suo Nautilus, non ci lascia tempo per pensare: la meraviglia ce la regala ogni minuto, ogni minuto un nuovo essere, un’altra avventura. Il mare ribolle, i pesci trascolorano e passano, i protagonisti che vivono laggiù li guardano con i nostri stessi occhi. Sono figure fantastiche, proiettate su due schermi contrapposti, l’effetto è di pura magia, non c’è essere umano che non sia tentato di non più fuggire per tornare a terra – o a Roma.

Franco Cordelli, 15 giugno 2015, Corriere della sera

 

Lo spettacolo qui ad Espoo ha riscosso un grandissimo successo sia tra gli adulti che tra i più giovani. L’unicità della scenografia ha catapultato gli spettatori come se anche loro si trovassero sul palco, grazie alla meravigliosa fusione tra attori e proiezioni, sviluppate dall’aesop studio, con  Luca Ruzza e Andrea Adriani.

Sebbene sia la scenografia ad ammaliare il pubblico, gli attori non abbandonano mai la loro pertinenza con il loro trucco e i costumi e il loro modo di recitare, con i loro gesti e i movimenti, evidenziati in modo che sembrino danzare.

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The show here in Espoo got a great success among adult and young too. The unique set design, captivated the spectators as they were on the stage too, thanks to the wonderful fusion between the actors and projections, developed by the Aesopstudio with Luca Ruzza and Andrea Adriani.  Although the design of the set bewitches the audience, the actors never drop their relevance with their makeup masks and costumes, and their way of acting, with their  ighlighted gestures and movements which make them almost dancing. 

Silvia Nitta, The two sights, 23 novembre 2015

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CUORI DANNATI

 

Un viaggio tra le debolezze degli uomini, nella Germania degli anni Trenta, fra le canzoni di Bertolt Brecht e le musiche di Kurt Weil.

L’unione sarda, 13 dicembre 2002

 

Lo spettacolo è proposto da un’ottima e camaleontica Daniela Regnoli (della compagnia Potlach) in veste di attrice e cantante. Una passeggiata nell’universo brechtiano e weilliano attraverso poesie e canzoni che rimandano alla Germania degli anni ’30, con la Ballata della schiavitù sessuale e Tango-ballade, o Ballata del macrò, Jenny dei pirati e Barbanera Song, Manckie Messer, che nel loro avanzare trascinano desideri e passioni, fragilità e illusioni, storie di donne comuni e personaggi storici (Salomone, Cleopatra, Giulio Cesare), di prostitute e malavitosi. Al termine, molti applausi.

L’unione sarda, 16 dicembre 2002

 

Storie di donne che ricordano i loro sedici anni, quando ancora bambine erano pronte ad innamorarsi del primo malfattore, donne senza un’adolescenza, cresciute troppo in fretta sotto le bombe della seconda guerra mondiale. Desideri, passioni, ricordi e destini di donne, ma anche debolezze di uomini, storie anonime di persone comuni, piccole tempeste quotidiane, a volte uragani.

Nuovo Castelli oggi, 3 ottobre 2004

 

Il Teatro Potlach, diretto dal regista Pino Di Buduo, ancora una volta protagonista in uno spettacolo particolare ed unico nel suo genere. Un grande applauso del pubblico ha infatti salutato al termine della rappresentazione l’unica e bravissima attrice, Daniela Regnoli.

Corriere di Rieti, 2 giugno 2004

 

Un itinerario musicale che racchiude la storia dell’uomo attraverso il tempo che rimane come memoria.

Mondo Sabino, 16 aprile 2005

 

Lo spettacolo che nasce dai testi di Bertoltd Brecht e le musiche di Kurt Weil, è stato già rappresentato in Brasile, Messico, Paraguay, Cuba, Varsavia, Berlino, Parigi, Milano, Bergamo, Bologna, Roma, Terni, Formia, Napoli, Lecce. La Regnoli racconta con un linguaggio semplice e raffinato storie di donne e di uomini vissuti negli anni ’30 del secolo scorso, alle prese con contraddizioni e contrasti sociali.

Tania Croce, Il Tempo, 29 aprile 2006

Il palco è un drappo di velluto rosso a mo’ di fondale, un appendiabiti e pochi altri oggetti, fra cui una valigia. E in effetti è proprio il viaggio il tema che attraversa Improvvisi Urbani, la 22esima edizione del Festival internazionale del Teatro Urbano promosso dalla compagnia Abraxa Teatro e presentato all’interno del Giardino degli Aranci di Roma: una rassegna che, nell’impiegare lo spazio urbano come palcoscenico a cielo aperto vuole stimolare lo scambio e il confronto fra diverse culture e pratiche artistiche – sempre con un occhio di riguardo per le tematiche sociali che riguardano l’attualità – grazie alla partecipazione di compagnie teatrali provenienti da tutto il mondo.

Quello di Daniela Regnoli e Pino Di Buduo, in arte Teatro Potlach, è un viaggio a ritroso nella Germania degli anni ’30 ma soprattutto un viaggio atemporale nell’universo femminile. Così, in Cuori dannati, le ballate tratte dall’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht e accompagnate dalla musica di Kurt Weil sono il tramite attraverso cui scavare nella memoria di amori passati e nostalgici, nella sconsideratezza dei sentimenti e delle passioni, nelle illusioni e fragilità della donna e non solo.

Magnetica e sensuale, Daniela Regnoli squarcia il drappo rosso intonando così il prologo di Die Dreigroschenoper dedicato al bandito Meckie Messer, e dando vita alla carrellata di personaggi ai margini, derelitti, inquieti che popolano l’opera di Brecht. Con voce calma e sicura, quasi come raccontasse una fiaba, l’attrice ora si rivolgerà al pubblico ora vestirà i panni di narratrice o personaggio alternando canto, danza e recitazione – rinunciando così a un completo mimetismo, come il teatro epico insegna – nonché italiano e tedesco, con un effetto di ulteriore straniamento.

Con grazia e leggerezza, Regnoli racconterà di Polly Peachum e del suo amore per Mackie Messer, o di una prostituta in una fragile confessione davanti al pubblico, e ancora di Jenny dei pirati, sguattera di un albergo di infimo rango desiderosa di rivalsa. Sono outsider, donne forti ma allo stesso tempo in preda all’irrazionalità dei sentimenti, lontane dai canoni borghesi che lo stesso Brecht si prefigurava di combattere. Un ritratto della donna che al giorno d’oggi non dovrebbe destare particolare clamore ma che pure appare ironicamente sovversivo rispetto alle direttive ministeriali del 2016, che con grande sconforto ripiegano la donna a un ruolo retrogrado, controllato dall’alto e rassicurante, nuovo angelo del focolare di stampo fascista, lo stesso che di lì a qualche anno avrebbe dilaniato il cuore dell’Europa.

Mescolando abilmente teatro di strada, cabaret e narrazione, con grande semplicità ed elementi essenziali Teatro Potlach porta avanti una poetica originale e genuina capace di rendere l’opera di Brecht accessibile a tutti, soprattutto a chi non conosce a fondo la sua opera. Cuori dannati è un viaggio negli anni ’30 che parla però a qualsiasi epoca, perché in fondo i destini, le passioni e le debolezze umane – come certo ben sapeva il grande drammaturgo tedesco –, che appartengano ai briganti come Mackie Messer, alle persone di origini più umili o ai grandi personaggi della storia elencati nell’ultima canzone di Re Salomone, sono più simili di quanto si creda. E senza tempo.

Sarah Curati, Paperstreet, 3 settembre 2016

 

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